La disbiosi intestinale è uno stato fisio-patologico che predispone a numerose patologie.

Tra queste, gonfiore, stitichezza, diarrea, riduzione della forza, cambiamenti dell’umore, disturbi del sonno e nelle donne anche cistiti e candida vaginale.

Ecco i consigli del prof. Massimiliano Savioli (Ordinario di Medicina Interna ed Endocrinologia Università La Sapienza di Roma).

La somministrazione di Lattoferrina è sicuramente l’alternativa biologica ed una soluzione più vicina al nostro sistema immunitario, nelle disbiosi intestinali, in quanto fattore dell’immunità innata, primo fattore di sopravvivenza trasferito da madre a feto.


La lattoferrina supporta e determina la crescita dei batteri benefici mentre allo stesso tempo inibisce una vasta gamma di batteri patogeni (S. aureus, Listeria,H. pylori, patogeno E. coli) e virus (Rotavirus, virus respiratorio sinciziale, virus herpes e virus dell’epatite, Fleming, 2001; Johansson, 1960; Kijlstra, 1990; Ward et al., 2005).

La lattoferrina, possiede infatti un lobo da trasferrina ed un lobo specifico per il suo ruolo immunitario ed i suoi benefici sono facilmente associati a quelli riportati nei neonati con l’ingestione di colostro durante le prime fasi di allattamento (Fleming, 2001; Johansson, 1960).

Per sua natura di prebiotico la lattoferrina produrrà la differenziazione di bifidi e di lactobacilli nell’importante fase dello svezzamento.


Non a caso la lattoferrina è il primo presidio terapeutico riportato nelle Linee Guida Internazionali per l’ enterocolite del neonato o del prematuro.

La lattoferrina si lega fortemente al ferro che numerosi agenti patogeni richiedono per la loro crescita. La lattoferrina segnala inoltre al nostro sistema immunitario tutti i mediatori di difesa immunitaria. Regola la migrazione e maturazione dei principali difensori cellule immunitarie, come le cellule T, nella zona di infezione (Legrand et al., 2005). La lattoferrina inibisce anche la capacità del patogeno di legarsi alla parete intestinale, in quanto è in grado di legarsi direttamente agli organismi (Beeckman, 2007; Stenfors et al., 2001).

La lattoferrina non interferisce con la capacità del corpo di usare il ferro a sostegno della emodinamica sana. I pazienti che soffrono di carenza di ferro trovano maggior beneficio dalla somministrazione di lattoferrina piuttosto che di integratori di ferro (Paesano Valenti).

La lattoferrina infatti contiene in se già 2 atomi di ferro per molecola, ed essendo la responsabile del turn-over del ferro a livello sistemico, impedisce qualsiasi deposito di ferro locale legato all’infiammazione.

La lattoferrina di per se non è mai satura di ferro e questa sua doppia natura regola finemente la continua circolazione di ferro anche quando la ferritina è alta, come nell’anemia del paziente neoplastico.

Sebbene il delicato meccanismo non è ancora del tutto compreso, si ritiene che lattoferrina migliora l’assorbimento e l’utilizzazione di ferro attraverso la membrana intestinale (Ward e Conneely, 2004; Paesano et al., 2008).

La Lattoferrina fecale è considerata oggi un marker biologico delle IBD. Alte concentrazioni di LF fecale sono sinonimo di malattia infiammatoria intestinale nel 85 % dei casi. In caso di infiammazione intestinale la lattoferrina affluisce quale mediatore umorale dell’ immunità e sua sua conseguente perdita con le feci giustifica la somministrazione esogena di lattoferrina in dose appropriate per ricostituire l’equilibrio del microbioma intestinale.